La figura del Floriterapeuta...

di Liliana Gimenez Haas - Per contattare l'esperto floriterapeuta scrivi a gimenez@libero.it

 

 

Pubblicato su "Farmacia anno duemila", manuale di formazione ed aggiornamento professionale del farmacista, a cura del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico

 

"Non lasciate che la semplicità del metodo vi distolga dal ricorrervi, poiché quanto più in avanti vi porteranno le vostre ricerche, tanto più vi sarà evidente la semplicità di tutta la creazione". Edward Bach

Cenni storici
Si è detto troppe volte che distruggendo la natura distruggiamo noi stessi, ma spesso non siamo in grado di difendere quel che ci protegge. La natura sembra essere sinonimo di armonia sublime, anche se il concetto di entropia domina incontrastato dal seggio autorevole della Fisica; tuttavia se fosse rispettata vi si troverebbero gli elementi in grado di stabilire forme di equilibrio dell'ecosistema.
In epoche remote le piante erano venerate perché veniva loro attribuito poteri magici e divini. Guaritori e stregoni furono i primi ad usarle in forma cultica e divinatoria. Il primo erbario terapeutico fu il Pen Tsao del medico cinese Shen Nang. In Egitto i papiri dei faraoni citano più di 700 rimedi vegetali. Alcuni di essi riportano la descrizione di oli profumati per usi diversi, come fosse una versione arcaica dell'aromaterapia. D'altro canto gli esperti stimano che i rimedi erboristici e la medicina Ayurvedica abbiano un'età che si aggira sui 5.000 anni
La mitologia greca narra che Asclepio, gran dio della medicina, fu ucciso da Zeus per gelosia delle sue capacità curative. Ma il suo discepolo Ippocrate, padre indiscusso della medicina, fu il primo a conferire una base logica alla scienza, separandola dalla magia e dall'esoterismo. Il suo metodo si basava nell'osservazione scientifica naturale che concepiva l'organismo umano composto da quattro elementi in armonia tra loro: sangue, flegma, bile gialla e bile nera, e che dovevano trovarsi in equilibrio con l'ambiente esterno. L'alterazione di questo stato armonico era causa di malattia, e il medico doveva intervenire per convogliare l'energia del corpo del paziente verso il recupero dell'equilibrio perduto, il solo modo per ottenere una perfetta guarigione.
Più tardi Aristotele, maestro dei saggi, considerò che ogni essere vivente, piante comprese, avesse una "Psiché", o principio vitale, contrapposto al "Pneuma", sostanza eterea, inosservabile, realizzando in tal modo la famosa dicotomia dualistica. Più tardi i suoi principi vennero applicati persino alle piante, creando una botanica cosiddetta "aristotelica", una concezione filosofica della pianta e della sua natura.
Paracelso (16° secolo), fondatore della medicina sperimentale, si ritiene sia stato anche un precursore della medicina omeopatica. Dal suo insegnamento si cominciarono ad osservare le "forme" della Natura per determinarne le qualità intrinseche e capirne l'utilizzo per il corpo umano.
Con le generazioni successive si sviluppò la medicina popolare, basata sull'impiego delle piante medicamentose, destinata a trasmettersi oralmente ma anche con la pratica. Dal momento che non si conosceva il meccanismo di azione né tantomeno i principi attivi delle piante, si attribuiva spesso loro un potere sovrannaturale, tant'è che dal Medioevo in poi, i monaci curatori insegnavano a completare le cure con le preghiere (Hospitales erano i conventi).
Con la nascita delle scuole di medicina, come quella di Salerno, Bologna, Parigi e Salamanca, si andò affermando la medicina come Scienza, che attraverso la replicabilità dei fenomeni e la loro verifica in laboratorio, confermò le proprietà terapeutiche delle piante riuscendo successivamente ad estrarre i singoli principi medicamentosi.
Ma prima che la medicina divenisse una sorta di corporazione d'avorio, distaccata dal rapporto uomo-ambiente-spirito, appena alla fine del 700 Hanneman dava vita alla scienza omeopatica, basandosi sull'assioma similia similibus curentur.
Un secolo dopo appare in scena Freud, che diede per la prima volta una interpretazione ai comportamenti umani attraverso la lettura della psiche ed introducendo il concetto di malattia psicosomatica.

Il Metodo
Nel 1929, Edward Bach, 44 anni, gallese, prima medico immunologo e microbiologo, poi omeopata e ricercatore noto e apprezzato nel mondo della scienza (sua è la scoperta dei sette nosodi, i rimedi omeopatici ancora usati per la cura di malattie croniche), riconosce e patisce in prima persona i limiti dell'approccio terapeutico tradizionale, ed esordisce con il concetto di percezione nel malato dell'anima che bussa. D'altro canto, se emozioni transitorie come rabbia, tristezza e paura, sono in grado di provocare nell'immediato sudorazioni, palpitazioni e brividi, cosa possono determinare allora sull'equilibrio psico-fisico emozioni profondamente radicate quali panico, rancore, malinconia, senso di fallimento, rivalità, rigidità mentale, se covati per lunghi anni? La risposta è semplice: le malattie psicosomatiche. Bach aveva osservato che molti dei suoi pazienti, prima di un disturbo fisico, mostravano varie difficoltà emotive e psicologiche che rendevano i disturbi più difficili da curare. Ipotizza dunque che senza la gioia interiore non esisterebbe vera guarigione. Così convinto abbandona prestigio e carriera per dedicarsi ad un metodo di cura inedito, che agli occhi della scienza ufficiale e per lungo tempo non avrebbe riscosso credibilità. Chiude perciò il suo ambulatorio in via Harley, a Londra, e se ne va in campagna a studiare fiori e piante selvatici, quelli riconosciuti atossici e meno manipolati, solitamente non utilizzati a scopo alimentare, le piante più vigorose, assumendo che potessero trasmettere la forza dell'energia vitale della natura ancora incontaminata.
Ottimo conoscitore e osservatore della natura, affascinato dalla scoperta dell'infinitamente piccolo, decide di affidarsi alla sua sensibilità e alla capacità di vedere oltre le apparenze, per formulare le ipotesi sulla relazione esistente fra l'analogia comportamentale di certe piante e il modo di agire e comportarsi delle persone.
Con il progredire della ricerca aumenta in lui la convinzione che ad ogni malattia corrisponda un preciso disagio mentale o emotivo. Scopre in tal modo che alcune piante avevano gli stessi effetti benefici dei sette nosodi e li sostituisce ad essi. Individua i disagi psicologici responsabili dell'insorgere di alcune malattie e dà vita ad una forma di omeopatia floreale capace di restituire, fra l'altro in tempi brevi, energia e benessere all'uomo senza ricorrere ai principi chimici, ma intervenendo su livelli sottili e profondi della personalità. "Guarire il malato e non la malattia" diventerebbe il nucleo concettuale della sua filosofia, in grado di proporre un modello di intervento sulle emozioni e gli stati d'animo negativi quali paura, senso di solitudine, preoccupazione eccessiva per gli altri, scoraggiamento, apatia, insicurezza, ansia, che a lungo andare minacciano la salute.
La sua ricerca cessa dopo avere individuato 38 preparati che considerano tutte le debolezze e carenze caratteriali comuni agli uomini.
Secondo Bach alcune medicine tradizionali sarebbero in grado di curare il corpo ed altre le emozioni patologiche, ma ciò che sembra disarmare è l'audace dichiarazione secondo la quale solo le essenze floreali potrebbero curare l'Anima, elevando la spiritualità, dal momento che il fiore costituirebbe la parte più alta e per ciò "spirituale" della pianta. Così le essenze si propongono capaci di stimolare nell'uomo virtù dimenticate: amore, altruismo, altruismo, pazienza, coraggio, volontà, apprendimento, servizio, moderazione, umiltà, flessibilità, superamento, freschezza, perdono... La vera guarigione starebbe dunque nel ripristino dell'equilibrio emozionale che dà senso alla vita e permette di affrontare le prove con coraggio e chiarezza, in quella che chiama "riarmonizzazione della coscienza" con il raggiungimento della gioia e della sicurezza interiore che si esprimono nel carattere allegro e sereno. Una chiave per inaugurare nella mente spazi nuovi e incontaminati attraverso un'occasione di rinascita e di equilibrio.
Catalizzatori di consapevolezza, i rimedi floreali sarebbero in grado di eliminare il sintomo senza colpirlo, modificando il terreno energetico su cui si sviluppa la malattia. In questo modo si può ipotizzare che una malattia sul nascere potrebbe essere guarita prima che sia conclamata a livello organico.

I tentativi di verifica
Va da sé che l'uomo non è fatto solo di materia (il semitico Basàr), ma è anche sede di aspirazioni trascendenti e di luoghi inesplorati racchiusi nell'inconscio. Secondo una visione naturistica, l'uomo sarebbe un essere "vibrazionale". Le sue cellule contengono circa mille miliardi di atomi che ruotano a determinate frequenze formando campi energetici. Secondo Bach ogni fiore sarebbe portatore di "qualità vibrazionali", di energia risanatrice che interferisce terapeuticamente con la psiche.
Massimo Marietti, neurofisiologo, psicoterapeuta e ricercatore del CNR, in un suo trattato si è occupato dei possibili meccanismi biochimici che potrebbero spiegare il funzionamento della Floriterapia: "Recenti scoperte individuano i chemiorecettori come strutture proteiche della membrana cellulare capace di trasformare stimoli chimici quali il gusto e l'olfatto in correnti elettrochimiche. I neurotrasmettitori trasportano tali messaggi in tutto il corpo. Semplificando, è come se le parole, gli odori, i sapori, i suoni e tutte le stimolazioni sensoriali si mutassero in un "messaggio" chimico, atto a trasformare l'equilibrio cellulare sempre in gran movimento. I rimedi floreali veicolano nell'acqua i loro messaggi di odore e sapore e da qui vengono recepiti e trasformati a livello cellulare, in un gran gioco di risonanze".
Benché l'esatto funzionamento dei rimedi floreali non sia ancora stato compreso, alcuni ricercatori ipotizzano che queste sostanze possano stimolare il rilascio da parte dei neuroni di trasmettitori sinaptici capaci di alterare emozioni come paura o rabbia. Ne deriva un rafforzamento della capacità di autoguarigione intrinseca dell'organismo. Alcuni sostengono che le essenze floreali possano riportare la mente e i sentimenti allo stato di equilibrio primigenio in cui probabilmente sarebbero rimasti se la crescita non fosse stata perturbata da traumi ed esperienze negative. Teorie difficili da provare e facili da rifiutare. Ci vorrà forse un po' prima che la scienza sia in grado di misurare le modificazioni sottili di cui stiamo parlando. Tuttavia va tenuto conto di un aspetto di fondo che ha condizionato il giudizio sulla Floriterapia: le evidenze dei risultati clinici, specie se questi si producono all'insegna dell'ippocratico "primum non nocere".

La Floriterapia "legittimata"
La scomparsa di Edward Bach non ha arrestato la ricerca, e nuove essenze floreali sono state scoperte e messe in uso sotto il profilo terapeutico. Centri di studio e di ricerca sono nati in California (alcune essenze californiane erano già utilizzate a scopo terapeutico dai popoli amerindi in epoca precolombiana), in Alaska, in Francia, in India, in Brasile, in Argentina, e pure in Italia (Sardegna). Sembra che le essenze australiane abbiano un'azione più diretta sul corpo fisico; addirittura vengono sperimentate in molti ospedali nella terapia del dolore, come sostituti della morfina. In Inghilterra sono oggetto di interesse scientifico e materia di studio e approfondimento.
Dal 1976 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto e legittimato l'uso della Floriterapia come metodo di cura complementare, termine che serve ad incontrare il favore sia dei medici convenzionali sia di quelli cosiddetti "alternativi", dunque, nei casi in cui vi sia un'alterazione organica o anatomica, non può bastare a se stessa, ma dovrebbe affiancare le terapie farmacologiche o psicoterapiche già in corso. L'assoluta assenza di tecnicismo in fase di produzione, la convalidata mancanza di rischi di assuefazione, di effetti collaterali e di interazione con ogni sorta di farmaco, permette di lavorare in un contesto di assoluta sicurezza per il paziente. Si ritiene che anche quando una frequenza floreale fosse stata prescritta in modo improprio, l'organismo la identificherebbe come "non necessaria", e pertanto non agisce come dovrebbe. Possono essere usate in particolare nell'età senile, in gravidanza e nei bambini, senza arrecare alcun danno. In più si possono impiegare per gli animali e nel trattamento rivitalizzante delle stesse piante.

Risultati
In un mondo dove prevale il vivere frenetico, dove la gente è in continua guerra con se stessa, dove lo stile di vita ha assunto ritmi logoranti che danno luogo a disturbi di ogni tipo, psicologici e somatici, dalla colite all'insonnia, ai disturbi del comportamento alimentare, alle dipendenze, la Floriterapia ha una parola efficace da dire, e rappresenta un reale veicolo per una riflessione su noi stessi e sulle deformazioni che abbiamo accettato nel insano tentativo di adattarci troppo a una società per certi versi ammalata, sempre più complessa, dove il concetto di semplicità corre il rischio di venir confuso con quello di "primitività". Potrebbe anche essere quella chiave semplice e concreta per uscire vincenti dal fallimento delle molte chimere tecnologiche e progressiste, materialistiche, consumistiche, promotrici di falsi valori. Si dimostra utile in un contesto di stili di vita patologici fortemente correlati con malattie degenerative come le Cardiovascolari e il Cancro.
I risultati sembrano oggettivi ed oggettivabili. Sempre più persone si accostano alla Floriterapia facendo in tal modo lievitare la domanda di benessere e sempre più farmacie hanno per forzo dovuto alzare il livello dell'offerta con prodotti di questo genere che si prestano all'autoterapia e all'automedicazione. Tuttavia si deve sottolineare il fatto che la Floriterapia sta diventando materia da professionisti, medici e psicologi, e che pertanto sempre più professionalità graviterà intorno al metodo. A questo si aggiunge un altro aspetto di rilievo: questa professionalità è funzionale al miglior approccio possibile al paziente. In altre parole, un'automedicazione o una prescrizione approssimativa può giovare alla stessa stregua di un individuo che per curare la cefalea ricorre al classico cachet da banco, ma un trattamento dei disturbi di fondo, reattivi e strutturati nella personalità, può essere affrontato efficacemente da un intervento professionale che possa mirare non alla cura del sintomo, come da qualche decennio ormai non si fa che ribadire, ma dell'individuo nella sua totalità, in una prospettiva di guarigione che spesso è sinonimo di cambiamento consapevole. Infatti, un rimedio floreale assunto meccanicamente, e che lascia in secondo piano i segni delle disarmonie da correggere e il decorso che la coscienza deve fare per evolvere attraverso l'auto-osservazione guidata dall'esperto, rischia di fallire il suo obbiettivo. Come avviene anche per la kinesiologia applicata, sviluppatasi dopo Bach, che individua sì i Fiori utili e positivi per la persona, ma sorvola sull'analisi degli aspetti emozionali. Con questa tecnica il procedimento terapeutico è inverso, si individua prima il rimedio sulla base di reazioni muscolari sotto lo stimolo di alcune essenze selezionate dal terapeuta e poi se ne deduce la sua eventuale applicabilità sul piano curativo.
Ricordiamo infine che "Rescue Remedy", prodotto floreale di più largo impiego e divulgato come prodotto da banco, può essere di grande aiuto a stabilizzare stress emotivi in emergenza o in stato di crisi emotiva, ma non può mai sostituire la terapia di fondo, il "cocktail" composto da un minimo di tre essenze, scelto in base alla personalità di ogni individuo, dato che spesso i problemi emotivi sono molteplici. Non basta dunque riconoscere dei sintomi fisici, è necessario conoscere se stessi ad un livello più profondo, per avviare un autentico processo di cambiamento.

Nuove figure professionali: il
Floriterapeuta
Il successo della Floriterapia è inevitabilmente legato all'abilità del terapeuta, che deve essere opportunamente dotato di competenza, maturità, capacità di valutazione, di analisi e sintesi, di empatia, sensibilità ed una qualche dose di intuito che se bene allenato può più agevolmente cogliere con obiettività ogni informazione utile. La sua bravura risiede anche nel sapere ascoltare sia ciò che il paziente gli vuole raccontare durante il colloquio, sia le cose non dette e taciute perfino a se stesso. Deve incentrare inoltre l'attenzione della persona sui disagi lamentati, per metterla di fronte alla opportunità ed anche alla necessità di un cambiamento interiore, aiutandola a percorrere una strada di piena consapevolezza nel mettere a fuoco aspetti del suo carattere che fino ad allora non aveva voluto o potuto riconoscere, e sostenendola durante la "crisi di coscienza".
Nella mia pratica clinica ho avuto modo di trattare la dipendenza da Tabacco con le essenze floreali, collaborando con gli specialisti di GEA Progetto Salute, che in Italia hanno la maggiore esperienza nella prevenzione e nel trattamento della dipendenza da Nicotina (www.gea2000.org). Ne ho ricavato oggettivi risultati terapeutici e con alcuni collaboratori seguiamo via internet (www.floriterapia.com) persino pazienti d'oltre oceano. L'esperienza di questi ultimi tre anni, e di un centinaio di fumatori trattati, ci ha fatto rivalutare questo metodo di trattamento applicato come coadiuvante sia nelle terapie di gruppo che nell'approccio individuale. Il lavoro ha anche valenza di ricerca e di verifica continua e proseguirà nei prossimi anni.

    

Liliana Gimenez Haas. - Servizio di consulto on-line Florinet - inviate una e-mail a gimenez@libero.it