Curare il Tabagismo, percorsi e metodi
Dr.
Giacomo Mangiaracina, presidente della SITAB, Società Italiana di Tabaccologia
Note di Appendice di
Liliana Gimenez Haas
  

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Libro Consigliato

 

  

Introduzione
E’ pesante la traccia lasciata dal Fumo nella cultura degli uomini, fra incentivazioni e prese di coscienza: invalidità e morte per milioni di persone. Dai tempi della “curiosa novità” a quelli del “diritto o libertà di fumare”, fino alla consapevolezza della “piaga sociale”, è passato meno di un secolo. Il consumo di sigarette è divenuto persino uno degli indici di valutazione del tenore di vita della popolazione, e inevitabilmente ha finito per diffondersi in ogni cultura e civiltà. L’attuale obiettivo delle multinazionali del Tabacco sono i paesi in via di sviluppo, dove il sogno da Fumo è in vertiginosa crescita. Se non si può mangiare sempre e a sufficienza, si può almeno sognare. Solo che il prezzo sarà altissimo. Novantamila morti l’anno solo in Italia dovuti al Tabacco sono davvero troppi per non intervenire sul problema.

Definizioni e lessico infelice 

Il primo approccio di lotta al tabacco è stato moralistico. Lo identifica la definizione di “Vizio” che è stato dato al fumare e che ancora oggi costituisce il modello identificativo di riferimento popolare. Non solo. Negli ambienti culturalmente più elevati, attraverso i media, e persino tra i medici viene ancora oggi usato questo termine, che è inaccettabile perché fondamentalmente non definisce per nulla il Fumo e il fumare, perciò fuorviante. In seconda analisi ne crea paradossalmente un’immagine positiva in quanto evoca, nell’immaginario comune, reazioni di trasgressività lecita: “non ho altri vizi che questo…”.

Di contro, considerando che da almeno vent’anni la parola tabagismo è entrata nell’uso comune, e ancor più ora che la codifica del DSM IV lo vede inserito fra le dipendenze, si dovrebbe poter traghettare tranquillamente dal “Vizio” alla “Dipendenza”, superando persino il tentativo di alleggerire il termine con “Abitudine”.

Si può affermare che ciascun fumatore ha in realtà diversi motivi per non smettere di fumare, molto solidi, che si fondano principalmente sul desiderio di mantenere l’abitudine. Questa abitudine è particolare, perché costituita da una sequenza di 15-20 gesti per sigaretta che costituiscono altrettanti rinforzi positivi, teoricamente uno per ogni boccata di fumo. Non esiste alcuna dipendenza al mondo in cui un soggetto si somministri una sostanza per 20, 30, 40 volte al giorno. Una media di 600 gesti al giorno determinano per forza una coazione che sfocia inevitabilmente in una strutturazione della personalità. In questo modo paradossalmente il fumatore riceve risposte a precise esigenze, a veri e propri bisogni primari, come il bisogno di strutturare il tempo (Berne, 1950) ed il bisogno di dipendenza in sé, una nicchia regressiva che lo riporta inconsciamente e virtualmente ad uno stato primordiale di sicurezza.

Partendo da queste considerazioni si comprende bene che lo “smettere” per un fumatore equivale ad una forma di mutilazione, alla incapacità di gestire la vita e il quotidiano, dalle cose più semplici alle più complesse. Si capisce bene perché ogni occasione potrà essere quella buona per riappropriarsi dello strumento che meglio conosce, funzionale al controllo dell’ansia: ricominciare a fumare.

Il Cambiamento

Tutti gli esseri viventi sono in continua evoluzione. Gli uomini più di tutti. Freud definì il processo di crescita come il percorso che va dall’automatismo alla capacità di scelta (Freud, 1961). Ad ogni scelta si realizza una forma di  cambiamento, potenziale o in via di attuazione. Eppure cambiare è difficile. Il Cambiamento evoca una reazione d’allarme per l’incognita che porta in sé, ma anche per le difficoltà oggettive ad attuarlo vista la necessità, della persona che cambia, di mobilitare risorse ed energie vitali. Dall’altra parte si evidenzia la prospettiva del rinnovamento. I soggetti aperti al Cambiamento sono persone in crescita, che si rinnovano e si migliorano ad ogni esperienza. Essi lo vivono non come rischio ma come risorsa (Pasini, 1996).   

 

Stadi del Cambiamento

Riflettono l’aspetto temporale e motivazionale del cambiamento. Questo non è un fenomeno del tipo "tutto o niente" ma un processo graduale che attraversa specifici stadi, seguendo un percorso ciclico e progressivo.

Al primo stadio, di Pre-contemplazione, caratterizzato dalla assenza di un riconoscimento del problema, segue lo stadio di Contemplazione, caratterizzato dall'emergere di dubbi e contraddizioni che portano ad una sempre più marcata ambivalenza sull'uso della sostanza. Dopo questo stadio, se si accentua la spinta al cambiamento, si raggiunge lo stadio della Determinazione (altrimenti noto come Decisione o Preparazione), in cui è ricercata attivamente una soluzione, che, una volta messa concretamente in atto porta il paziente nello stadio di Decisione ("Azione" secondo Prochaska), in cui i cambiamenti sono concretamente sperimentati. Se hanno successo, dopo qualche tempo (circa sei mesi) il paziente entra nella fase di Mantenimento, in cui le nuove abitudini hanno il tempo di consolidarsi fino ad un eventuale definitivo abbandono del problema. Questo percorso non è lineare bensì ciclico in quanto in qualsiasi punto può verificarsi una Ricaduta che riporta il paziente agli stadi precedenti.  

 

Il tempo di permanenza individuale in ciascun stadio è molto variabile, ma i compiti da eseguire per passare allo stadio successivo sono grosso modo gli stessi.  Ad esempio, per passare dallo stadio della Pre-contemplazione a quello della Contemplazione, il paziente deve diventare consapevole del problema, affrontare quegli aspetti difensivi e abitudinari che ne rendono difficile il controllo, e iniziare a considerarne alcuni aspetti negativi (Di Clemente e Hughes, 1990).   

 

Processi  del Cambiamento 

Un processo di cambiamento è un tipo di attività intrapresa o vissuta da una persona quando cambia modo di pensare, di sentire o di comportarsi riguardo al suo problema. Sebbene le attività possibili siano infinite, sono stati identificati dieci principali processi indipendenti.  

Cinque processi riguardano un’area prevalentemente cognitivo-esperienziale e sono:

Aumento della consapevolezza. Quasi tutti gli interventi terapeutici riconoscono l’importanza di un aumento della consapevolezza e di una maggiore elaborazione delle informazioni, ma differiscono nella determinazione di ciò di cui la persona deve diventare consapevole per intraprendere il cambiamento. Il soggetto diventa più curioso, aperto e disponibile ad ascoltare. Il terapeuta può fornire informazioni, considerazioni, confrontazioni ed interpretazioni, e suggerire letture su argomenti significativi.

Attivazione emozionale e drammatizzazione. Prevede la sperimentazione e l’espressione di sentimenti di fronte ad eventi emotivamente carichi. E’ utilizzata dallo psicodramma, in cui il paziente interagisce con altri o con il terapeuta di fronte al gruppo. Le tecniche di arte-terapia, musico-terapia, e i role-play, così come romanzi, film o spettacoli televisivi possono contribuire alla attivazione emozionale.

Rivalutazione di sé. E’ una riorganizzazione dell’immagine di sé a livello cognitivo ed affettivo in relazione agli aspetti sentiti come problematici. E’ principalmente utilizzata dalla terapia razionale-emotiva e dalla Gestalt, con esperienze emozionali correttive, analisi dei valori e utilizzo di situazioni immaginarie.

Rivalutazione dell'ambiente. E' il processo attraverso il quale il soggetto coglie i significati del suo comportamento all'interno del suo sistema personale, familiare e sociale. Gli interventi relazionali agiscono in questa direzione.

Liberazione sociale. Migliora le opportunità individuali aumentando le risorse ambientali e sociali dell'individuo (scuola, lavoro, tempo libero, ecc.). Il terapeuta può intervenire per facilitare i contatti con gruppi di sostegno, di auto-aiuto, o con organizzazione per la difesa dei diritti di particolari categorie.  

Altri cinque processi riguardano l'area prevalentemente comportamentale e sono:

Liberazione personale. E' è la scelta ed il proponimento di attuare strategie di cambiamento. Il paziente investe energie, sforzo e denaro per far sì che la terapia proceda. Il terapeuta può aumentare il ventaglio delle possibilità, stabilire delle regole sotto forma di un contratto esplicito o insegnare abilità particolari per migliorare l’impegno del paziente. La liberazione personale si fonda sulla scelta personale, l'impegno e un’adeguata fiducia nelle proprie capacità di cambiamento (autoefficacia) e spinge l'individuo a assumersi la responsabilità e il controllo della propria esistenza.

Contro-condizionamento. Si occupa del cambiamento della risposta di fronte a stimoli articolari e prevede l'apprendimento di comportamenti alternativi. La desensibilizzazione sistematica e l’addestramento all’assertività sono due procedure comuni per realizzare il contro-condizionamento.

Controllo dello stimolo. Prevede l’intervento sullo stimolo che attiva il comportamento problematico, ristrutturando l’ambiente in modo che la probabilità che si presenti sia notevolmente ridotta. Gli interventi più comuni, ad esempio, sono quelli di rimuovere dall’ambiente in cui vive la persona cibo, alcol, sigarette o altri stimoli analoghi che possono costituire una tentazione, incoraggiare nuove attività che prevengano, ad esempio, che il paziente scivoli nella depressione.

Gestione delle ricompense. Prevede un sistema di ricompense gestito dal soggetto o da altre persone a lui vicine. Sono impiegati rinforzi espliciti ed impliciti, auto-ricompense e contratti per gestire i "premi".

Relazioni di aiuto. sono caratterizzate, secondo la definizione di Rogers (1957, 1959), da empatia, apertura, attenzione, fiducia e sincerità. Praticamente in tutti i differenti approcci, queste qualità costituiscono l’atmosfera generale, il contesto emotivo della relazione terapeutica capace di facilitare il cambiamento.   

Una volta individuato lo stadio in cui si trova il paziente, il terapeuta potrà adottare un’appropriata strategia applicando il processo adeguato per far sì che proceda verso la fase successiva. La terapia procede più rapidamente quando il soggetto ed il terapeuta sono focalizzati sullo stesso stadio e privilegiano gli stessi processi. Se il terapeuta applica strategie relative ad uno stadio diverso rispetto a quello in cui si trova il paziente, è probabile che si verifichino comportamenti di resistenza.

Nella fase di Pre-contemplazione, gli individui usano i processi del cambiamento in maniera inferiore rispetto a chi si trova nelle fasi successive. I pre-contemplatori elaborano un minor numero di informazioni riguardo il loro problema, impiegano meno tempo ed energia nella propria rivalutazione di sé, sperimentano un minor numero di reazioni affettive verso gli aspetti negativi del loro problema, sono meno aperti verso le persone che più gli sono vicine, e fanno poco per risolvere il loro problema. Nella terapia, sono quei pazienti che probabilmente "resisteranno" di più agli sforzi del terapeuta per aiutarli a cambiare.  

I soggetti in fase di Contemplazione sono più disponibili agli interventi rivolti alla presa di coscienza del problema, come ad esempio osservazioni, confronto e interpretazioni; sono più consapevoli di se stessi e del problema, e disponibili a rivalutarsi sia da un punto di vista affettivo che cognitivo. La rivalutazione di sé comprende la definizione di quali valori il paziente vorrebbe realizzare e per cui è disposto a lavorare. E’ anche necessario determinare quali aspetti il soggetto è disposto a mettere in discussione e ad abbandonare: quanto più l’origine del problema è vicina ad aspetti importanti della personalità del paziente, tanto più il processo di rivalutazione di sé richiederà cambiamenti nella consapevolezza di sé.

Questi processi raggiungono la massima efficacia nello stadio di Decisione, in cui l’insopportabile tensione fra lo stato presente del paziente ed i suoi valori personali spinge alla necessità urgente di intraprendere un cambiamento.

Nella fase d’Azione, è importante che il paziente parta dall’idea di una liberazione personale, che creda di avere l’autonomia di cambiare la propria vita. Deve inoltre accettare che la disciplina e la coercizione fanno parte della vita nella stessa misura dell’autonomia, e costituiscono una garanzia di crescita della persona. Il pericolo, in questa fase, è che l'individuo subisca una ricaduta e attribuendone la causa ad una mancanza di forza di volontà, per vergogna o senso di colpa rinunci a tentare ancora.

Un altro rischio è che attribuisca il successo interamente al terapeuta o ad un altro tipo di supporto "esterno", con il rischio di diventare dipendente in maniera eccessiva da questa relazione.

Il concetto di liberazione personale si fonda, in parte, sul senso d’Autoefficacia -self-efficacy- (Bandura, 1977, 1982), in altre parole credere che i propri sforzi giochino un ruolo importante nell'uscire da situazioni difficili. Le persone devono essere efficaci a livello comportamentale, e non solo a livello emozionale, in modo da modificare lo stimolo condizionato che li può spingere alla ricaduta. In un rapporto terapeutico contrattuale, l'operatore ha spesso funzioni di consulente, per aiutare il paziente nei suoi sforzi di modificare il comportamento o l’ambiente in una direzione più libera e salutare, o può provvedere ad una fase di training per aumentare la possibilità che il paziente abbia successo in processi come il controllo dello stimolo, la gestione del rinforzo e il contro-condizionamento.

La fase d’Azione, contrariamente a quello che si può pensare, non è una condizione agevole, anzi è spesso faticosa, crea senso di colpa, coercizione, fallimento e di limitazione alla libertà personale. E’ una fase in cui l'individuo ha un bisogno particolare di sostegno e di conforto, e dove affronta il rischio del rifiuto.

La fase di Mantenimento, per avere successo, richiede che siano avvenuti tutti i processi precedenti, tuttavia richiede anche una valutazione esplicita di quelle condizioni sotto le quali una persona rischia di venire spinta verso la ricaduta. I pazienti hanno bisogno di conoscere le possibili alternative di comportamento, di fronte alle situazioni che inducono al comportamento problematico senza ricadere in strategie difensive destinate all’insuccesso o in modelli di risposta patologici. E’ molto importante la sensazione di stare diventando quel tipo di persona che si vorrebbe essere: l’applicazione del contro-condizionamento e del controllo dello stimolo è più efficace se si basa sulla convinzione che mantenere il cambiamento significa consolidare un’immagine di sé valutata positivamente dall’individuo e da almeno un’altra persona significativa.

 

I Metodi 

Una sintesi dei metodi antifumo, validati dall’esperienza e dalle ricerche, può essere riassunta nella tabella seguente:  

Self-Care                           (Lancaster e Stead, 1999) 
Self-Care assistito               (Mangiaracina, Internet No Smoke, 1997)
Counseling medico             (Adlaf E, Ivis, F, Paglia, A, Ialomiteanu, A., 1999)
Terapie di Gruppo 
Farmaci  
  • Avversativi chimici (Acetato e Nitrato di Argento all’1 %o)
  • Sostituti nicotinici (NRT)
  • Sintomatici, Ansiolitici e Antidepressivi
  • Bupropione
Avversativi psichici
Agopuntura
Ipnosi
Metodi integrati

Note di Appendice - di Liliana Gimenez Haas

Lo studio del Dott. Mangiaracina, con cui in molte occasioni ho avuto modo di collaborare, è condivisibile al cento per cento. Esso non limita gli interventi a quelli tradizionali, ma lascia la possibilità di interventi dettati dall'esperienza a da approcci differenziati. D'altro canto la letteratura internazionale annovera anche approcci "dolci" e persino il massaggio come metodologie di intervento nella terapia del tabagismo. 

La mia esperienza con metodologie integrate e con l'ausilio delle essenze floreali, mi ha portato a vivere varie volte empaticamente l'esperienza del cambiamento fatto di successi e ricadute. Ho trattato fino ad oggi un centinaio di fumatori, pertanto questo contributo si aggiunge alle molteplici modalità di intervento. 

Bisogna innanzitutto che il paziente abbia preso una ferma decisione, altrimenti non può aspettarsi che grazie alla Floriterapia le riesca di abbandonare il fumo come se niente fosse. Può superare la sua dipendenza in modo duraturo solo se ne riconoscerà le vere ragioni interiori e lavorerà su di esse. Cominci per chiedersi per quali motivo fuma, in realtà. In quali situazioni fuma di più? Quando le riesce particolarmente difficile rinunciare alla sigaretta? Queste riflessioni, e altre simili, possono esserle molto utili per giungere alle radici del problema.

Combattere una dipendenza significa anche rimuovere le tensioni che la determinano. La Floriterapia può essere a mio modesto avviso uno strumento terapeutico utile e sicuro, che può contribuire a ridurre le tensioni e gli stati di ansia che spesso si accompagnano alla paura di smettere, durante la crisi di astinenza e nella ricaduta. Armonizzando i disequilibri emozionali, si può intervenire a vari livelli, incrementando consapevolezza e serenità perché il problema possa essere affrontato senza traumi. Come è noto, la Floriterapia energeticamente rafforza e sostiene sia le difese organiche sia quelle psichiche, quindi agisce come "facilitatore del benessere". E le persone felici non fumano.   

Bibliografia 

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